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Quando ho iniziato a scrivere …you’ll love publishing, avevo voglia di parlare delle professioni e del lato “hard business” dell’editoria. Perché i libri sono un prodotto industriale e creativo allo stesso tempo – ed è questo che mi ha sempre attirata – ma di solito ci ritroviamo a parlare di autori, stile, trame, copertine. Molti pensano che il lavoro in editoria sia poetico e intellettuale. Lo è, ma ci sono anche budget, pallet, tecnologia (che fa rima con tablet). Spesso mi dicono “Che bello, lavorare con i libri”. E’ vero, ma è pur sempre un lavoro.

Nel tempo il blog ha virato verso il fenomeno “editoria digitale”; ho dato spazio a qualche bibliofilo che i libri li trasforma, ritaglia, mette via, mette in mostra; mi sono molto appassionata al problema della scarsa abitudine alla lettura degli italiani; ho riso dei refusi su insegne, packaging, cartelli. Una delle cose che mi ha dato più soddisfazione sono state le collaborazioni, per la possibilità di conoscere qualcuno o riprendere dei contatti almeno per lo spazio di un post. Devo un grazie soprattutto a FN, r e Clizia.

Nessuno mi ha mai chiesto che immagine ho scelto per la testata e perché: sono scarpe, mie, consumate e rotte. Ho cambiato l’immagine due o tre volte in quattro anni e mezzo. La settimana scorsa ho buttato un paio di ballerine che poverine non ce la facevano più, e ho dimenticato di fare una foto. Così ho capito che io sto andando avanti, ma che …you’ll love publishing non mi sta più dietro.

Chiudo. Un po’ mi dispiace ma mi piace fare le cose per bene fino alla fine. Per quello che mi capiterà di segnalare basterà Twitter (@michellenebiolo), per chi vorrà ancora seguirmi lì.

In vacanza si recupera

Finisce che quest’anno farò le vacanze. Le farò per forza ma le userò bene: un po’ per staccare e un po’ per recuperare quanto lasciato indietro nella gara all’impegno più importante.

Una delle cose che vorrei riuscire a fare è leggere gli articoli della serie “Le donne dell’editoria” pubblicati  – per i motivi dettagliati in un box a fianco al primo articolo – da Affari Italiani. A parte la questione sull'”approccio femminile” al lavoro editoriale, che può interessare o meno, ci dicono cose interessanti…
Teresa Cremisi (Flammarion): “Non è l’e-book a preoccuparmi, ma un’eventuale evoluzione dei costumi…” (9 luglio 2013)
Laura Donnini (Ad di Rcs Libri): “Finalmente il marketing non è più un tabù…” (15 luglio 2013)
Cristina Foschini (GeMS): “Stiamo scrivendo le regole del diritto d’autore del futuro” (16 luglio 2013)
Paola Gallo (Einaudi): “Ecco perché non temo il self-publishing”. E sull’atteso nuovo romanzo di Piccolo… (17 luglio 2013)
Carol Gullo (Newton Compton): “Il nostro marketing fa discutere? Siamo stati i primi in Italia ad adottare il modello anglosassone” (18 luglio 2013)
Annachiara Tassan: “Vi svelo come stiamo rilanciando De Agostini Libri…” (19 luglio 2013)
Beatrice Fini svela i progetti di Giunti. E sulla crisi in libreria e le nuove frontiere del marketing… (23 luglio 2013)
Elena Campominosi (Garzanti): “Così sta cambiando il marketing del libro…” (24 luglio 2013)

Quindi, se per caso non mi faccio viva fino a settembre, sapete cosa sto facendo.

C’è sempre qualcosa da effettuare

Questa mattina ho effettuato un prelievo di sangue, per effettuare la ricerca degli anticorpi della varicella e capire se l’ho già effettuata. Dopo, al bar, ho effettuato due foto.

effettuare scontrino effettua orario

E’ vero che nella bella scrittura è bene evitare troppi “fare”, un po’ perché è un verbo generico e un po’ perché si rischiano tante ripetizioni. Questa però non deve diventare la scusa per abusare del povero “effettuare”, che significa prima di tutto “realizzare, attuare” e solo nel burocratese ha assunto il significato di “fare”.

Dica 30.000

L’Asl di Mirano ha pagato quasi 30.000 euro per far tradurre il testo del Patient protection and affordable act, con cui Obama ha riformato la sanità americana, alla Società cooperativa Eurostreet di Biella. La polemica sulla necessità e legittimità di una spesa tale in questo momento di crisi mi sembra giustificata, ma ho fatto due conti.

Immagine 1

Ho trovato il testo integrale della legge. Copiato e incollato tutto su word, sono quasi 2,5 milioni di battute spazi inclusi. Considerando una generosa cartella da 2.000, per arrivare a 30.000 euro bastano 24-25 euro a cartella. Che per un testo tecnico-legale è più che lecito.

Prima di aprire / 12. La storia inizia… prima di aprire

(Prima di aprire è una serie di guest post a cura di Clizia, cervello in fuga con la fissa delle cover.)

A volte le cover dei libri si trasformano in parte integrante della narrazione. Vi porto due esempi molto diversi.

L’artista e designer Jim Tierney ha usato semplici trucchi di cartotecnica per anticipare sin dalla copertina le splendide avventure raccontate nei classici di Jules Verne.

L’editore Canongate invece ha puntato sulle nuove tecnologie per creare la prima sovracoperta interamente interattiva grazie a un’app chiamata Blippar, che permette ai lettori di accedere a contenuti aggiuntivi relativi al libro di Ruth Ozeki, A Tale for the Time Being.

Tra i due esempi io preferisco il primo perché accessibile a tutti. Chiunque può apprezzare il modo in cui il cover designer ha resto speciali questi libri sfruttando tecnologie molto semplici. Nel secondo, invece, è indispensabile avere uno smartphone o un tablet alla mano. E poi  che gusto c’è a guardare un libro attraverso uno schermo?

(Con questo post si conclude la serie Prima di aprire. Grazie Clizia!)

Coincidenze

Quando nel mezzo di una traduzione c’è una citazione lunga così da un libro. E tu negli ultimi 12 mesi hai fatto fuori davvero tantissimi libri. Ma quel libro ce l’hai ancora, sai dov’è perché l’hai guardato male giusto ieri, ed è in lingua originale. E’ un buon giorno.

(Però devi ancora trovare il punto esatto della citazione.)

L’importante non è finire

In Come un romanzo, Pennac difende il diritto di non finire un libro. Dice “Il libro ci cade dalle mani? Lasciamo che cada.”

Quelli di goodreads hanno pubblicato di recente una sintesi dei motivi che spingono i lettori a lasciare un libro a metà.  Al primo posto, responsabili di quasi metà degli abbandoni, noia e lentezza.

Prima di aprire / 11. Chip Kidd

(Prima di aprire è una serie di guest post a cura di Clizia, cervello in fuga con la fissa delle cover.)

Non si può parlare di cover senza parlare anche di chi le crea.
In particolare dedichiamo un post a Chip Kidd, oggi art director della Albert A. Knopf (Randomhouse USA), dove dal 1986 crea circa 75 cover l’anno.

Per vederlo parlare potete guardare la presentazione che ha dato nel 2012 per TED Talk, che ha riscosso grande successo.

chipp kidd

Ma ciò che parla di lui sono le sue copertine, testimoni della sua capacità di usare i libri non solo come recipienti ma come oggetti di design, sfruttando ogni loro elemento per creare di volta in volta qualcosa di unico e speciale.

jurassic parkUn esempio: la sua copertina di Jurassic Park è diventata un’icona visiva riconosciuta e riprodotta in tutto il mondo.

Prima di aprire / 10. Il meglio del peggio

(Prima di aprire è una serie di guest post a cura di Clizia, cervello in fuga con la fissa delle cover.)

Ogni sito di self-publishing che si rispetti offre consigli su come creare una cover attraente per i potenziali lettori, e mette a disposizione dei suoi utenti un’applicazione per cimentarsi in book design. Si tratta di programmi necessariamente molto semplificati, che spesso si limitano a fornire template personalizzabili.

Non solo. Alcuni editori scelgono di ridurre i costi chiedendo a persone poco qualificate – redattori o impiegati già presenti in azienda – di creare la cover del loro prossimo titolo. I risultati sono spesso bizzarri.

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Lousy Book Covers
raccoglie il meglio del peggio delle copertine e spiega quali caratteristiche e qualità dovrebbe avere una buona cover. Riuscite a non giudicare il libro dalla copertina?

Prima di aprire / 9. La costa dei libri

(Prima di aprire è una serie di guest post a cura di Clizia, cervello in fuga con la fissa delle cover.)

La prima cosa che vediamo di un libro non è sempre la sua copertina: a volte è la costa soltanto, semplicemente perché la forma stessa di un volume permette di disporlo su uno scaffale senza sprecare spazio – a casa come nei negozi – lasciando visibile solo quella.

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Alcuni book designer hanno saputo sfruttare questa peculiarità e hanno scelto di trasformare la costa della copertina in un efficace elemento grafico: i Penguin Classics ad esempio abbelliscono le nostre librerie con motivi floreali o geometrici.

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Nel caso di collane o serie dello stesso autore, come nell’esempio di Chip Kidd, le coste possono essere sfruttate per comporre un disegno o raccontare una storia. Prima di aprire il libro, e prima ancora di prenderlo dallo scaffale.